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All ideas streamlined into a single flow of creativity. Smiltė.

LA offices
about me

Ho un’immagine impressa nella memoria che è tornata a farsi viva lentamente, un’immagine di me bambina, a cavallo di una piccola bicicletta bianca lungo un viale alberato. Pian piano, sollevo la testa e mi accorgo che c’è una grande luna bianca in quel crepuscolo turchino di mezza estate. La cosa sorprendente – sì ero piccola – è che quel grande disco latteo non è più fermo, ma pedalando si muove – pedalando più in fretta – si muove più velocemente.

Ho capito poi che quello sguardo era già il mio. Un mondo da scoprire attraverso strumenti che possono dare una nuova forma alla realtà. Lasciarsi sedurre, leggeri. Stare sospesi tra più possibilità.

Se la poesia è stata una delle mie prime passioni, l’arte visiva è stato il mio approdo, in particolare l’arte contemporanea nella sua declinazione tecnologica. Ho avuto la fortuna di avere grandi maestri che mi hanno insegnato a piegare gli strumenti alla volontà creativa, a considerare ogni limite come una risorsa e non mettere confini ad ogni manifestazione del fare.

Il mio strumento d’elezione è la telecamera che mi ha consentito sia di recuperare quell’antico sguardo sul mondo, sia di creare un varco nello spazio che mi stava di fronte.

Vedere quello che non si vede, immaginare quello che si intravede, dare forma a supposizioni.

Nel teatro trovo un luogo d’elezione in cui lavorare. Un giusto grado di distanza dalla realtà, di trasfigurazione del concreto e di grande confronto con gli altri componenti del gruppo di lavoro. Con le scenografie video sperimento tecniche e tecnologie per trasformare gli stati d’animo in immagini. Come si traducono in visioni le parole? I suoni? I pensieri?

La curiosità per le persone e le loro attività, mi porta ad uscire nel mondo. Si delinea una natura nomade, che non si acquieta in un luogo di appartenenza ma si ridefinisce, ricombinando via via il concetto di immagine e la migrazione in territori disparati.

Esplorare l’umano, le sue sfaccettature, trovare la giusta sintesi con un’immagine, attivare narrazioni visive.

Inizia una ricerca che si svolge fuori dai luoghi deputati dell’arte per immergersi in quelli della produzione, portandosi dietro sempre quell’antico sguardo all’insù. In questo percorso, incontro l’Università Ca’ Foscari, con la quale ho potuto approfondire il concetto di contaminazione del pensiero affrontando in modo critico, la narrazione di impresa. Portare i linguaggi dell’arte in luoghi non artistici, questa la sfida intrapresa con diverse borse e assegni di ricerca, che continua col collettivo di cui dò vita D20 ART LAB

Incrociare discipline, esperienze. Riformulare i dubbi, ripensare le sicurezze.

Contemporaneamente mi muovo in quella parte di mondo definita sociale. Lavoro con la disabilità, con il popolo carcerario sperimentando un’altra sfaccettatura del linguaggio artistico, la capacità di entrare nel tessuto sociale e di rimodellare l’identità di chi partecipa. Caratteristiche che porto anche negli altri spazi, quello della produzione – il lavoro con Ca’ Foscari – o quello del cinema nel quale muovo diversi passi. Anche qui mi piace incrociare generi, mettendo in campo tutte le esperienze vissute utilizzando gli strumenti della produzione cinematografica. Quello che mi muove è sempre la sfida, la curiosità.Trovare un’altra declinazione ancora di immagine in movimento.

A mia volta, con la didattica, prima in Accademia di Belle Arti ora all’Università, cerco di trasmettere un modo di vedere, di pensare, di dubitare.